di Lucia Caretti, La Stampa 6/12/2020
Cucina, letto, televisione. Le giornate di Alfonso sono “tutte uguali. Da quando c’è il Covid, non posso più uscire. Nemmeno vicino a casa”. Alfonso ha paura: ha 73 anni, il diabete e problemi di cuore. Abita in periferia e per lui anche andare a Cuneo è un’impresa. Deve fare tre chilometri di strada. Troppi per camminare: “Mi stanco subito”. Troppi persino per prendere il bus. “Il biglietto costa 3 euro. Non me lo posso permettere”. Così Alfonso passa il tempo sulla sua sedia, a contare i risparmi. “Come si fa con una pensione da 649 euro? Devo comprarmi da mangiare. Pagare l’affitto, le bollette, le medicine”.
L’ultima stangata sono le spese condominiali, 950 euro. Per metà le coprirà con la Tredicesima dell’Amicizia di Specchio dei tempi, la carezza dei lettori de La Stampa. Un progetto con cui dal 1976 la fondazione abbraccia gli anziani più fragili. L’obiettivo è raccogliere 1 milione di euro entro Natale, per donare speranza a 2000 nonni come Alfonso. Ognuno riceverà un assegno di 500 euro. Ognuno ha la sua stessa storia di fatica e abbandono.
“Sono scappato di casa quando avevo 12 anni” racconta con accento pugliese. “C’era fame, non c’era lavoro, e avevo una zia vicino a Torino. L’ho raggiunta e mi ha spedito in carrozzeria. Ho fatto l’apprendista, poi il muratore e i turni in fonderia”. Ecco perché quelle cicatrici sul braccio. Le mani invece raccontano la sua seconda vita da chef. “Ho girato tutte le cucine del Piemonte” spiega con orgoglio. Quelle di montagna, da Limone a Sestriere: Alfonso ha dato da mangiare a generazioni di sciatori. E’ stato nei rifugi sulle piste, nelle pizzerie e nei ristoranti. “Finito il servizio mi mettevo a suonare. La musica e la cucina sono le mie due grandi passioni”.
Per questo ha appeso una vecchia chitarra vicino al divano. E ha trascritto le sue ricette in un’agenda che custodisce come un tesoro. Quei due ricordi lo tengono vivo. “Sono già morto due volte. Sono collassato in casa e mi sono salvato per un pelo”. Colpa di varie malattie e della più terribile. “Sono solo come un cane” confessa. “Mio fratello, il mio unico amico, non c’è più. Gli altri parenti sono lontani e stanno peggio di me. Non possono darmi una mano. I vicini? Buongiorno, buonasera, ma non c’è solidarietà. L’unico vero aiuto che ricevo è quello di Specchio dei tempi”.
Dopo lo sfratto, per un anno è stato in una casa protetta del Comune. Poi ha ottenuto questo piccolo appartamento dove entra appena un filo di luce. C’è una tapparella rotta, il peperoncino sul balcone, una cucina attrezzata con vecchi tegami e fornelli di recupero. “Mi sono sempre arrangiato. Quando faccio la spesa guardo ogni singolo prezzo, so che i soldi devono essere usati bene e non puoi fare il passo più lungo della gamba. Non ho mai bussato a nessuna porta, ma ora sono in difficoltà e ci metto la faccia. Non mi nascondo. Sono i politici che dovrebbero nascondersi”.
Alfonso è arrabbiato per i pullman che dalle sue parti non passano mai. Per l’operazione all’occhio per cui dovrà attendere altri nove mesi: “Vedo solo nebbia”. E’ arrabbiato soprattutto per l’autonomia negata. “Vorrei andare in ospedale e a farmi la spesa da solo. Invece non posso muovermi e devo aspettare che venga l’assistente sociale ad accompagnarmi, una volta alla settimana”. Ecco perché quell’ossessione per la patente: “Non ce l’ho più. Mi piacerebbe provare a riprenderla. Vorrei riconquistare un po’ di libertà. Spero che Babbo Natale mi regali il corso”. O almeno l’abbonamento del bus.
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