Ottobre 1963. Nel disastro del Vajont erano appena morte 1900 persone e la reazione dei lettori de La Stampa fu senza precedenti: 330 milioni di lire donati per gli orfani, i feriti e i paesi distrutti. Cioè aiuti concreti per 2200 famiglie, raggiunte in tempi record dagli inviati del giornale, con lo stesso spirito con cui Specchio dei tempi ancora oggi opera in tutto il mondo dopo le più gravi calamità. Dal Friuli all’Irpinia, dalla Sicilia a San Giuliano, passando per l’Emilia e il Centro Italia: siamo quelli che ricostruiscono le scuole dopo i terremoti e le alluvioni, per aiutare le comunità a ripartire. Ne abbiamo realizzate più di 25 in Italia, sempre in tempi record. L’ultima ad Arquata del Tronto, un borgo straziato dalle scosse dell’agosto 2016, dove abbiamo finanziato pure una palestra e sussidi per le imprese e i neo-genitori, per un totale di 4 milioni di euro.
Altre 10 scuole sono nate all’estero. E poi ospedali, ambulatori, villaggi, ponti, come quelli rimessi in piedi dopo l’Alluvione del Piemonte, nel 1994. Una pagina di solidarietà unica, con 24 miliardi di lire raccolti e mesi di lavoro sul campo dei nostri giornalisti. Non abbiamo mai dimenticato quella tragedia: il dolore e l’orgoglio della nostra gente, la stessa gente che per decenni ha sostenuto i i progetti di Specchio, e improvvisamente, nei “giorni del fango” si è ritrovata a dover chiedere aiuto.
La generosità dei sostenitori di Specchio non conosce confini, così in quasi settant’anni siamo intervenuti ovunque: in Asia per lo tsunami, in Somalia per la carestia, in Messico e in Nepal, ad Haiti e in Turchia e Siria dopo i terremoti, in Sri Lanka dopo gli attentati della Pasqua 2019, in Ucraina per supportare le vittime del conflitto. Quando c’è una emergenza cerchiamo di essere sempre i primi ad arrivare e gli ultimi a ripartire. Abbiamo imparato che non basta fare del bene, bisogna farlo in fretta. E che per aiutare davvero un popolo a rialzarsi bisogna rimanergli vicino e ripensare i progetti. Quello che facciamo in Sri Lanka, ogni giorno, dal maremoto del 2004.