Tutti gli abitanti di Ceva hanno un ricordo legato alla Passerella. E tanto di più lui, che nella tragica alluvione del 5-6 novembre ’94 era il primo cittadino. Chiamato a farsi carico di scelte coraggiose, davanti a tanti drammatici imprevisti. E a farlo quando ancora non si capiva che cosa stesse davvero succedendo e quando la città si andava sbriciolando, sotto la furia dell’acqua e del fango. Gianni Taramasso è stato il sindaco grazie alle cui decisioni (insieme ai suoi collaboratori) Ceva non ha pagato un bilancio di vite umane al disastro di trent’anni fa. Ed è stato lui che, quando Specchio dei tempi chiese come aiutare il paese messo in ginocchio, disse, pensando appena pochi istanti: «Aiutateci a ricostruire la Passerella. Secondo un vecchio adagio locale, di chi è senza nulla si dice che “non ha manco i soldi per passare Tanaro”. Ecco, con la distruzione del nostro ponte Ceva, oltre che ferita, è stata anche spezzata in due».
La fondazione de La Stampa, con l’enorme generosità dei lettori, raccolse subito quell’appello accorato. Finanziò per intero la ricostruzione dell’opera, costata 228 milioni di lire. E dopo mesi di lavori, domenica 26 marzo 1995 ha ridato un volto e un riferimento anche ai ricordi.
Sull’arcata di ingresso della Passerella c’è ancora una targa, fatta apporre dal Comune, sulla quale (anche se la scritta è deteriorata) si legge che il ponte pedonale è stato ricostruito grazie alla generosità dei lettori de La Stampa.
Un’opera non molto diversa da quella che compariva nelle vecchie immagini o dai resti che il fiume, dopo averli strappati dai basamenti, aveva abbandonato in un angolo della riva del Tanaro: un groviglio di rottami accartocciati. La Conicos di Mondovì, che trent’anni fa ha realizzato l’intervento, si è attenuta fedelmente alla struttura originaria: lunga 45 metri e larga 2, è composta da 5 elementi imbullonati fra loro e assemblati nell’attigua piazza d’Armi, pavimentati con tavole in rovere. Due rampe in calcestruzzo ne garantiscono l’accesso. Il peso complessivo è di 29 tonnellate.
La Passerella cebana ha una storia che parte dal 1834, quando gli abitanti di borgo Torretta chiesero al Comune di poter costruire un passaggio sul fiume: venne autorizzato, purché fosse a loro spese, più resistente della piccola nave che faceva già da traghetto e senza imporre un pedaggio. Di volta in volta si realizzarono pedancole in legno, che le piene del Tanaro regolarmente portavano via. Fino al 1890, quando il Municipio deliberò di posarne una di ferro: costruita dalle Officine di Savigliano nell’aprile 1892 e costata 15 mila lire (della Cassa Depositi e Prestiti), resistette fino al termine della seconda guerra mondiale, quando fu distrutta dai tedeschi in fuga. E gli abitanti dovettero rimetterla in piedi. Come accadde dopo il 5 novembre ’94.
L’inaugurazione del 26 marzo ’95 è stata anche il segnale che, a Ceva, la ricostruzione dopo la tragedia era cominciata. I cambiamenti climatici hanno, poi, comportato il ripetersi delle piene del Tanaro con tempi di ritorno molto più ristretti rispetto ai cicli storici. E sia nel 2016, sia nel 2020 l’esondazione ha provocato danni alla Passerella: in entrambi i casi Specchio dei tempi c’è prontamente stato.