Articolo di Angelo Conti
Ci sono 200 ragazzi di Torino che hanno scelto l’impegno sociale per cercare di cambiare un po’ il mondo, un po’ la città, un po’ il futuro di tutti. E lo fanno nelle scuole e nelle strade, con slancio crescente, nonostante i tagli delle risorse pubbliche e nonostante la sempre maggior complessità del tessuto sociale. Sono i ragazzi di Acmos. Nata vent’anni fa, l’associazione celebra in questi giorni il suo compleanno, anche con una tre giorni (da martedì a giovedì in corso Trapani 91, al Gruppo Abele) di riflessione, di confronto e di studio. Con interventi prestigiosi: da don Luigi Ciotti a Paolo Bianchini, da Laura Boldrini a Maria Teresa Martinengo.
“Abbiamo scelto – spiega il presidente di Acmos, Diego Montemagno – di non trasformare questa ricorrenza in qualcosa di immobile, una sorta di museo fatto solo per ricordare, ma in un momento per confrontarci e costruire. Interrogandoci sulle nuove frontiere di un impegno come il nostro. Partendo dai mali di questi anni, a cominciare dalla rinuncia alla vita e dalla dilagante depressione. Purtroppo malesseri diffusi anche nella generazione più giovane, quella che ormai vede il futuro come una minaccia, non più come una promessa.”.
E da lì il passo verso la scuola: “L’assenza di speranza è il principale motivo della dispersione scolastica, un fenomeno che noi abbiamo sempre messo in primo piano. Anche con i progetti ideati e realizzati con Fondazione Specchio dei tempi nell’area dell’ex Moi, di Madonna di Campagna e di Barriera di Milano. E con quelli nostri più tradizionali, soprattutto nelle scuole superiori. Vogliamo dare motivi ai ragazzi per studiare, per crescere. Ci rendiamo conto del loro disorientamento verso un mondo ancora permeato dall’ascesa per relazioni, dalla cultura mafiosa, dall’impiego su raccomandazione. Dobbiamo costruire e mostrare una strada diversa”.
Acmos ha scelto fin dai primi anni di vita l’antimafia sociale come ambito d’impegno: ”Per questo aderiamo e sosteniamo Libera in Piemonte, facciamo percorsi di educazione alla legalità nelle scuole e gestiamo tre beni confiscati alle mafie: Cascina “Carla e Bruno Caccia” a San Sebastiano da Po, dove c’è una comunità di giovani e una produzione agricola, Cascina “Arzilla” a Volvera, polo educativo, il Performing Media Lab in Via Salgari 7 a Torino, ex officina ora spazio espositivo per artisti e polo creativo”.
L’azione di Acmos passa attraverso un lavoro condiviso: “Abbiamo molto insistito, in questi 20 anni, sull’organizzazione delle persone in collettivi, i cosiddetti gruppi intermedi della società. Abbiamo scommesso sulla convinzione che sia più facile trovare persino la felicità, se la si rincorre insieme. Facendo politica sì, ma lontano dai partiti. Sempre con spirito critico, ma cercando la partecipazione. Con posizioni a volte anche non scontate. Un esempio quella sul fenomeno dei Fridays for Future. Dove notiamo che ci sono i ragazzi della base, quelli dei cortei, e poi c’è Greta che parla all’Onu. In mezzo non c’è niente, non c’è organizzazione. Il risultato è che ne esce danneggiata la democrazia”.
Quale sarà il domani di Acmos? “Continuerà ad esistere sino a quando l’analisi dei mali sarà condivisa, sino a quando sarà uno strumento per aggregare giovani. Oggi siamo in 200, con un presidente, un consiglio direttivo giovanissimo (età media di poco sopra i 25 anni), un comitato etico. Siamo strutturati in quattro ambiti di azione, che si ritrovano ogni settimana per realizzare una formazione permanente. Gli ambiti si occupano del Movimento, della Scuola, del DAI (Diventare Adulti Insieme) e del Meridiano d’Europa (per connettere la nostra realtà a quelle analoghe di altri paesi)”.
Per chiudere una considerazione sulle attività con la fondazione dei lettori de La Stampa: “Siamo contenti – conclude Diego Montemagno – dei tanti progetti, alcuni non semplici, sviluppati negli ultimi quattro anni con Specchio dei tempi. Siamo orgogliosi che altri, apparentemente lontani dal nostro mondo, abbiano messo a fuoco il ruolo di Acmos, la nostra utilità e la nostra capacità nel perseguire obiettivi. Realtà difficili, come quella in cui ci muoviamo a Torino, hanno bisogno di condivisione. Di risorse, ma anche di stimoli, di dialogo, di voglia di conoscersi e di crescere insieme. E’ quanto ci lega a Specchio dei tempi”.