Una frase di Majakovskij che galleggia nel colore del sole – «Bisogna strappare la gioia ai giorni futuri» – e poi un’esplosione di vita: musica, danze, sorrisi, fiori. Con un’opera inedita creata per Specchio dei tempi e i progetti a supporto dell’emergenza coronavirus, l’artista torinese Ugo Nespolo ha voluto partecipare alla gara di solidarietà che la Fondazione sta portando avanti dallo scoppio della pandemia. La tiratura dell’opera, 500 litografie 35×50 su cartoncino di pregio delle Cartiere Fedrigoni, è in corso presso L’Artistica Savigliano: si potrà ottenere la tavola con un’offerta minima di 50 euro. Ogni copia sarà firmata e dedicata da Nespolo al donatore, L’Artistica Savigliano si occuperà di spedirla a casa in un’apposita confezione.
Per ottenere l’opera di Ugo Nespolo al momento della donazione si può, ma non è obbligatorio, inserire la causale specifica: «Nespolo – Emergenza Coronavirus». È invece necessario inviare una mail all’indirizzo nespoloperspecchio@gmail.com specificando nome, cognome, indirizzo di spedizione dell’opera, estremi/ricevuta della donazione, numero di telefono.
L’INTERVISTA DI MARIA TERESA MARTINENGO A UGO NESPOLO
PUBBLICATA SU LA STAMPA IL 7 APRILE 2020
L’opera contiene un messaggio incoraggiante, resterà come segno di un tempo difficile, drammatico, sospeso…
«La frase di Majakovskij mi è venuta in mente quando ho cominciato a pensare a questa tavola dedicata a Specchio dei tempi: un’immagine piena di cose belle, che piacciono, che sono vive. Che nel futuro ci saranno. È un messaggio positivo. Anche l’arte questa volta può fare la sua piccola parte. Speriamo sia qualcosa che le persone considerino prezioso. Io dedicherò ognuna delle tavole alla persona che l’ha acquistata».
Un ricordo di un tempo da dimenticare?
«Credo sia giusto tenere un ricordo, un ricordo non drammatico. Io sulla scrivania ho un teschietto di ambra, un piccolo oggetto ottocentesco. Dobbiamo sempre ricordare che la vita non è solo una corsa verso la felicità, il successo. In studio ho anche incorniciato una copertina di Time Magazine con la foto delle Torri gemelle. Nessuno prima poteva pensarci, ma è accaduto, può succedere».
Davvero questa epidemia cambierà il nostro modo di essere?
«Speriamo prima di tutto che questa esperienza insegni a prendere provvedimenti perché non capiti un’altra volta. Poi, c’è chi dice moralisticamente che questo periodo ha il senso di una pausa di meditazione, che dopo non saremo gli stessi. Può essere. Certo ricorderemo la dimensione pazzesca che ha avuto».
Come vive questo tempo un artista?
«Io sono in studio, disegno, lavoro, soprattutto scrivo. Sto scrivendo un libro per Einaudi, scrivo articoli. Dal punto di vista intellettuale c’è più tempo per pensare, ragionare. L’Università di Torino dedicherà un convegno a Pavese per il settantesimo anniversario delle morte, ho disegnato il logo. Per gli artisti è un momento per ripensarsi. Essere un artista non vuol dire solo muovere la mano, ma pensare, progettare».
Ripensarsi in una dimensione nuova?
«L’arte da tempo si è tirata fuori dalla vita reale. È diventata un mestiere, si produce per vendere, per la mostra. Vale solo ciò che costa. Oggi si capisce che non può essere così, vedremo come andranno le cose dopo la pandemia. L’arte dovrebbe essere più umile. Ben venga oggi una piccola cosa che può dare gioia, come la nostra tavola di Specchio. Meglio che tenersi in salotto uno squalo putrefatto di Hirst».
Ha qualche suggerimento per queste giornate in casa?
«Tirare fuori le poesie dei diciotto anni scritte alla fidanzata che poi ha sposato un altro, il romanzo mai finito… Perché no? Ma la nostra non è vera reclusione. Tocca stare a casa e allora prendiamoci il tempo per pensare un po’ a noi stessi, facendo qualcosa che diverte, che fa piacere. A volte stiamo in casa con i nostri cari, ma non c’è tempo per incontrarsi davvero. Cogliamo l’occasione. E poi approfittiamone per sentire musica, per fare ciò che in tempi normali non potremmo fare, per coltivare l’interesse per la bellezza che troppi hanno dimenticato. È un’occasione, sperando che non ritorni mai più. E poi “Strappiamo la felicità ai giorni futuri”».