Specchio dei tempi contro il cancro: la nuova unità contro i tumori di testa e collo

Comunicato Stampa

Giovedì 16 novembre a Torino, in via Montanaro 16, è stata inaugurata la nuova Head and Neck Cancer Unit, la prima struttura multidisciplinare ospedaliero-territoriale dedicata ai tumori del “distretto testa e collo”. “Un esempio concreto di come l’azienda intenda attuare gli interventi correlati al Pnrr, in questo caso grazie alla partnership con la Fondazione Compagnia di San Paolo, Fondazione Specchio dei Tempi ed Associazione per la Prevenzione e la Cura dei Tumori – precisa Carlo Picco, direttore generale Asl -. La struttura, dislocata fra l’Ospedale San Giovanni Bosco e il territorio dell’area Nord di Torino, funzionerà da centro di riferimento per l’intera area metropolitana.” Il modello è quello delle Breast Unit, specializzate nella diagnosi e nella cura del tumore al seno, o delle Prostate Cancer Unit in ambito urologico. Le funzioni: diagnostica, pretrattamento, follow up post trattamento.

“Specchio dei tempi – ha dichiarato Lodovico Passerin d’Entrèves, Presidente della Fondazione Specchio dei Tempi – nel 2023 ha realizzato un piano di sostegno alla sanità pubblica piemontese, donando strumenti innovativi e di ultima generazione. In questo programma la Head and Neck Cancer Unit è un’iniziativa che merita di essere valorizzata”

 

Anche nonno Raimondo, artigiano tessile del biellese, ha ricevuto la Tredicesima

Beppe Minello

Forse la prima Tredicesima dell’Amicizia consegnata a Biella si trasformerà in una montagna di bulbi che andranno a colorare, questa primavera, il giardino della “Casa di giorno” del Villaggio Lamarmora. La casa di Raimondo Pichetto: solo di giorno perché la notte si sposta a dormire in un’altra struttura dei servizi sociali in piazza Molise. Raimondo è un uomo che nei suoi 88 anni di vita ne ha viste e passate di tutti i colori, soprattutto in ospedale. Eppure, la sua stretta di mano è ancora una morsa e il suo sogno, ora che sta un po’ meglio, è quello di comprarsi due bastoncini e tornare a passeggiare in montagna: “Se trovo qualcuno che mi ci porta…” dice, sognante.

Ragioniere mancato (“Non mi è mai piaciuto studiare…”), diventa giovane artigiano tessile “lavoravo 12, anche 16 ore al giorno”, prima come padroncino, poi come dipendente pensando alla pensione arrivata a 65 anni. Una vita tutto sommato serena e ricca di soddisfazioni. Sbriciolata in poco tempo: divorzio dalla moglie, abbandonato dai due figli e la salute, un tempo di ferro, che d’improvviso diventa fragile. “Ho subito nove interventi…” ricorda Raimondo, pensieroso. Spariti anche i pochi risparmi di una vita, per l’operoso artigiano tessile si sono aperte, nemmeno una decina d’anni fa, le porte di quello che, un tempo, era chiamato ospizio. Raimondo, entrato la prima volta nella “Casa di giorno” rimase colpito dallo stato di abbandono del grande giardino che circonda l’edificio. “Non riesco stare al chiuso, devo muovermi – ricorda – e, senza che nessuno mi dicesse nulla, ho iniziato a raccogliere le foglie secche”. E poi sono venute “le roselline che strisciavano per terra ed è stato naturale farle salire verso l’alto”.

E poi, con la motosega portata da qualche volontario e con l’approvazione degli assistenti incuriositi e felici di quell’ospite che solo nel lavoro trovava la sua terapia più efficace, aggiustare ceppi e disboscare il groviglio di piante. “Qualche bulbo – sorride Raimondo – mi è stato regalato, qualcun altro l’ho comprato io così come ho sempre comprato io, ma costano poco eh! E mi fanno pure lo sconto, i fiori finti da accoppiare a quelli veri”. Scelta botanicamente discutibile ma che a Raimondo, ormai per tutti “Il giardiniere”, e agli altri ospiti della “Casa di giorno” va bene così perché quando è autunno e inverno quei fiori finti garantiscono lampi di colore che riscaldano il cuore di tutti.

Raimondo vive con poco più della pensione minima con la quale deve contribuire per un terzo alla retta della “Casa di giorno” (le altre due quote sono a carico di Comune e Asl). Nel raccontare le sue peripezie lavorative e di salute, mai si lamenta. Si commuove però, quando gli consegniamo i 500 euro della Tredicesima dell’Amicizia: “Ma sono per me?” chiede, incredulo, il signor Raimondo abituato da una vita a spaccarsi la schiena per guadagnare qualcosa. Un’”abitudine” che non ha perso nemmeno oggi che ha 88 anni. Vedrete: chi avrà la ventura, questa primavera, di passare dal Villaggio Lamarmora e di buttare un occhio nel giardino della “Casa di giorno” rimarrà stupito dall’abbondanza di tulipani, iris e di tutti quei fiori amati da Raimondo.

Come donare:

Per sostenere le Tredicesime dell’Amicizia è possibile donare qui

Oppure tramite bonifico bancario intestato a Fondazione La Stampa – Specchio dei tempi ETS, Iban IT67 L0306909 6061 0000 0117 200.

O ancora, Bollettino su Conto Corrente Postale n. 1035683943. Causale: “Tredicesime dell’Amicizia”.

È infine possibile versare di persona all’InfoSpecchio:

  • Torino, via Madama Cristina 35 (Lun-Ven 10-13);
  • Ufficio Abbonamenti La Stampa: Torino, via Lugaro 21 (lun-ven 9.30-13);
  • Agenzia Centrale di Reale Mutua: Torino, p.zza Castello 113 (lun-ven 8.30-12.30/14.45 -17.30);
  • Specchio Point Pinerolo, via del Pino 70 (mer 9-13).

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Le tante sfortune di Damiano, amputato ad una gamba, oppresso dai debiti e con il costante rischio di morire

Beppe Minello

Damiano ha 53 anni e attende di morire. Può accadere ora che state leggendo la sua storia o domani o fra un anno o un po’ più in là. “Non ho paura – dice – ma vivere così è una tortura”. Un appello che Specchio dei tempi ha subito accolto, effettuando una immediata donazione in denaro e prevedendo altre forme di assistenza. Che svilupperemo insieme ai lettori che vorranno darci una mano.

Sette anni fa l’esistenza di Damiano si inabissa in un tunnel di dolore, non solo fisico. “Era fine ottobre, ero su un campetto di Pianezza per la partita settimanale di calcetto con gli amici: mi stavo riscaldando e ho iniziato a sentire dolori ai glutei, ai muscoli delle gambe. Insopportabile” ricorda. Per un anno tira avanti con il suo doppio lavoro di magazziniere e cameriere in nero nei catering del weekend: “Ho fatto l’alberghiero e per un po’ d’anni ho servito in ristoranti anche di grido. Ma mi annoiavo. E allora ho messo a frutto le patenti che avevo conseguito da militare e mi sono messo a fare il camionista e poi il magazziniere”.

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Poi non ce la fa più. Il medico di base non sa spiegare quei dolori: “Era più agitata di me. Le chiedevo di farmi fare qualche esame, ma niente: vedeva che camminavo, poi i dolori mi fermavano, poi ricamminavo. Non capiva lei, tantomeno capivo io. Ho cambiato il medico e sono passato dalla padella nella brace. La nuova dottoressa mi chiedeva se avevo anche male alla schiena. ‘Sì le rispondevo’. Insomma, si sono convinti che il mio problema fosse lì. Nel 2018 mi hanno messo un placca ma i dolori non sono passati, anzi…

Che fare? “Un’amica di mia madre, dico, un’amica di mia madre, non un medico, butta lì: ‘Ma fatti fare un ecodoppler’”. Damiano che, nel frattempo, ha perso lavoro e compagna, andatasene di casa dopo 15 anni di convivenza, fa l’ecodoppler. “Il primo medico a guardare i risultati  chiamò un collega, insieme chiamarono il responsabile del laboratorio e, ancora insieme, mi dissero che ero da operare urgentemente e che se fossi arrivato prima magari avrei potuto guarire…”

“Sindrome di Leriche” è la diagnosi: “Arteriopatia ostruttiva cronica periferica” dice Wikipedia. “Mi si chiudono le arterie iliache – spiega Damiano – e una era già praticamente chiusa. Me la riaprirono con un by pass e mi dissero che, praticamente, non c’era e non c’è cura… il rischio di trombi è altissimo, che potrei perdere le gambe”. La vita già non rosea di Damiano diventa un calvario. Senza casa e con l’invalidità civile, ottiene un alloggetto Atc al piano rialzato di via Maddalene. Ma le disgrazie non finiscono mai. “Quando sono andato a farmi visitare, nel 2020, chi mi aveva operato mi ha guardato chiedendosi ‘Ma questo è ancora vivo?’ Mi sono stati ripetuti i pericoli che correvo, il rischio di cancrena…”. Che si concretizza due anni dopo: “Mi hanno riportato in camera operatoria e, devo dire, hanno fatto di tutto per salvarmi la gamba. Ma alla fine non è restato altro che amputarla sopra il ginocchio”.

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Damiano ora vive sulla carrozzella anche se in casa, per spostarsi dal bagno lungo e stretto alla cucina altrettanto angusta, deve fare come Tarzan, appendendosi dove può. E’ imminente il trasloco in un altro alloggetto Atc, poco lontano e a livello strada. “Qui – dice Damiano – non ho molti problemi a scendere in cortile: mi lascio cadere con la carrozzella dal pianerottolo. Il problema è risalire, cosa impossibile senza l’aiuto di qualcuno”. Gli danno una mano, per poche ore la settimana, una badante e una infermiera, mentre la cagnetta Kelly, la sua unica compagnia, ha imparato a fare da sé: “Quando deve fare i bisogni esce e rientra in casa da sola. Se mai un’auto la investisse non so cosa farei…”

“Aspettando di morire – prova a ironizzare Damiano – devo risolvere un problema con la Soris con la quale ho un debito di 2900 euro per multe prese quando ancora lavoravo; l’Agenzia dell’Entrate, mossa dall’Asl che mi accusa di aver ottenuto, anni fa, esenzioni alle quali non avevo diritto, mi sta addosso.  La carrozzina elettrica, fornitami dall’Asl, s’è rotta e per due mesi sono rimasto senza la possibilità di muovermi e vivo nell’angoscia che si guasti nuovamente. Oggi, per non farmi mancare niente, ho pure mal di denti e in qualche modo cercherò di farmi visitare gratuitamente… Vede che disastro! E’ che… insomma, non chiedo molto…ma in questi ultimi giorni che ho da vivere, spero di non incontrare altre sfortune”.

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Tredicesime dell’Amicizia anche ad Alessandria, consegnata la prima ad Angela

Pantano Adelia,
La Stampa, 12/11/2023

«Davvero è mio? Non ci riesco a credere, mi sembra impossibile». Non smette di ripeterlo Angela Farina mentre, commossa, gira tra le mani il foglio che le è stato appena consegnato. È quello in cui è contenuta la Tredicesima dell’amicizia, l’iniziativa che da oltre quarant’anni Fondazione di Specchio dei tempi dona agli anziani per farli sentire meno soli. E Angela, 67 anni e che abita poco fuori dal centro di Alessandria, la solitudine la conosce bene. «Mio marito è morto da 17 anni e da allora la mia vita è come se fosse finita – dice-, è stato tutto in salita, tutto è diventato difficile».

Al dolore della perdita del marito, negli anni si sono aggiunti anche i problemi di salute. «Ho avuto un brutto incidente, poi ho subito diverse operazioni che non mi hanno permesso più di lavorare – racconta -. Prima però avevo fatto qualsiasi cosa, avevo iniziato da ragazzina, guadagnavo soprattutto facendo le pulizie ma arrivata ad un certo punto non sono più riuscita, anche adesso faccio fatica a camminare». Il suo unico sostegno è una piccola pensione che però non le permette arrivare a fine mese. «Sono poche centinaia di euro ma tra affitto, bollette e medicine non rimane nulla per il resto – dice ancora -. Abito nelle case popolari ma negli ultimi mesi è aumentato tutto, non si può andare avanti così». Da qualche tempo ha trovato conforto nella parrocchia nel sobborgo di San Michele.

«Una mia amica mi aveva suggerito di venire qui e ora sono anni che trovo un po’ di aiuto qui per quello che mi serve a casa, almeno – aggiunge – per poter mangiare». Per Angela, e per tutti gli altri che quest’anno hanno ricevuto e riceveranno la Tredicesima, il contenuto è di 500 euro. Chiunque può dare una mano entrando in contano con la Fondazione di Specchio dei tempi. Con il suo regalo Angela cercherà di far fronte a qualche spesa dei prossimi mesi. «Ci sono tanti bollettini da pagare ma spero mi rimanga qualcosa per riuscire a comprare un regalo per me, anche piccolo», racconta. Ma il suo vero sogno è quello un giorno di poter rivedere la sua Sicilia. «Con la mia famiglia, che era molto numerosa, ci siamo trasferiti in Piemonte quando avevo 7 anni per il lavoro di mio papà – dice -. Sono nata a Palermo, nel tempo sono tornata spesso, ma adesso sono 15 anni che non vado più e mi manca tanta, soprattutto il mare. Sarebbe un sogno poter tornare prima o poi».

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  • Torino, via Madama Cristina 35 (Lun-Ven 10-13);
  • Ufficio Abbonamenti La Stampa: Torino, via Lugaro 21 (lun-ven 9.30-13);
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  • Specchio Point Pinerolo, via del Pino 70 (mer 9-13).

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Mille visite specialistiche donate da Specchio dei tempi a chi deve attendere troppo

Comunicato Stampa

Per le visite specialistiche c’è chi aspetta un mese, chi aspetta un anno, chi ottiene prenotazioni ancora più in là. La sanità pubblica è in crisi, incapace di reggere i ritmi delle richieste. E se, per chi se lo può permettere, la strada è quella della sanità privata, per tanti altri questa opzione è impossibile, fuori dalle proprie possibilità e spesso significa una vera e propria rinuncia alle cure.  Specchio dei tempi ha così pensato di offrire mille visite proprio a queste persone che, con una situazione certificata dal proprio Isee, non possono spendere. Per fare questo ha convenzionato tre istituti medici: Cellini, Affidea C.D.C., CIDIMU.

Le persone potranno accedere ad una visita gratuita con la prescrizione del medico di base. Il servizio di prenotazione sarà attivo dal 13 novembre,  dal lunedì al venerdì, dalle 14:30 alle 17:30 chiamando il numero 366-6765663 o mandando una mail a millevisite@specchiodeitempi.org . Oppure recandosi all’Infospecchio in via Madama Cristina 35 dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13.  Sono necessari, all’atto della prenotazione: tessera sanitaria, impegnativa del medico e ISEE, oltre ad un documento di identità. 

Mille persone avranno così la possibilità di sottoporsi, in tempi brevi, alla visita che è stata loro prescritta, grazie alla totale copertura delle spese da parte di Fondazione Specchio dei tempi.

Per informazioni:
millevisite@specchiodeitempi.org

 

Il cuore batte per otto ore prima del trapianto grazie all’apparecchio donato da Specchio

Alessandro Mondo,
La Stampa, 29/10/2023

Un viaggio straordinario, per un trasporto straordinario, grazie ad un apparecchio straordinario. In corsa contro il tempo per mettere in sicurezza la vita di un uomo. Se ogni trapianto rappresenta un evento irripetibile, quello di cui parliamo oggi ha un di più. E’ la storia di un cuore che ha compiuto un lungo viaggio, via terra e in aereo, per raggiungere Torino: continuando a battere, novità assoluta, come se si trovasse all’interno del corpo umano.

Ecco la straordinarietà di un’avventura più avventurosa delle altre. Inizia con la segnalazione di un potenziale donatore da Caen, in Normandia. Il suo cuore, per la rarità del gruppo sanguigno, non trova un utilizzo in Francia e quindi i colleghi d’Oltralpe, per non perdere il prezioso dono, lanciano un appello europeo. Il Centro Trapianti di cuore dell’ospedale Molinette diretto dal professor Mauro Rinaldi, allertato dal Centro Nazionale Trapianti diretto dal dottor Massimo Cardillo e dal Centro Regionale Trapianti del Piemonte diretto dal professor Antonio Amoroso, coglie al volo l’occasione: accetta l’organo, che però si trova ad oltre 1000 chilometri; anche organizzando un volo speciale, la durata del trasporto sarebbe incompatibile con il trapianto. Gettare la spugna o tentare il tutto per tutto. Di fronte a questo bivio i medici delle Molinette decidono che l’unico modo per far arrivare in sicurezza l’organo è trasportarlo nella sua condizione “fisiologica”, ovvero mantenendo il flusso nelle coronarie, lasciandolo battere liberamente al di fuori del corpo umano.

Qui entra in gioco l’apparecchio recentemente donato alla Città della Salute dalla Fondazione La Stampa – Specchio dei Tempi (presieduta da Lodovico Passerin d’Entrèves), grazie alla donazione di Giuseppe e Gabriella Ferrero, Gruppo Ferrero Spa, da sempre vicini alle iniziative della Fondazione: una nuova tecnologia che permette di mantenere l’organo perfuso e battente, senza più trasportarlo fermo e freddo come avviene normalmente, permettendo di evitare un’ischemia cardiaca prolungata e di allungare notevolmente i tempi di trasporto. E’ il primo test, tra l’altro in condizioni critiche. I tempi di viaggio sono molto lunghi perché il volo charter che porterà l’équipe addetta al prelievo potrà atterrare solo all’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi, da lì un van proseguirà il viaggio su strada fino a Caen per circa tre ore, con una durata complessiva del viaggio di oltre sei ore.

Partiti a mezzanotte, i medici arrivano a Caen verso le sei del mattino e alle sette possono prelevare l’organo, immediatamente attaccato all’apparecchio. A quel punto inizia il trasporto del cuore, che batte normalmente ma in una macchina. Arrivato all’aeroporto l’organo viene alloggiato sul jet privato che attende in pista e, dopo circa un’ora e mezza di volo, finalmente atterra a Torino, dove in pista lo attende un secondo van su cui concluderà il suo lungo viaggio con destinazione finale la sala operatoria della Cardiochirurgia delle Molinette di Torino. Ad attenderlo, un paziente di 65 anni colpito da una grave cardiopatia terminale, in attesa di un trapianto di cuore. Il trapianto viene eseguito senza problemi dal professor Massimo Boffini, sotto la guida del professor Rinaldi e coadiuvato dal dottor Marco Ellena. Pochi giorni dopo l’uomo sta bene, è sveglio e respira da solo.

Un lieto fine merito di una tecnologia preziosa, e di un lavoro di squadra: i cardiochirurghi Erika Simonato e Matteo Marro, sotto la supervisione di Mauro Rinaldi e Massimo Boffini, il rianimatore, Andrea Costamagna, sotto la guida di Luca Brazzi e Anna Trompeo, il responsabile del Servizio di Perfusione Cardiovascolare, Gennaro Izzo. «Ringraziamo la Fondazione Specchio dei Tempi per la donazione di questo nuovo macchinario, che ci proietta nel futuro della trapiantologia – commenta Giovanni La Valle, direttore generale Città della Salute -. È stato un intervento figlio dell’esperienza dei nostri professionisti, mai come in questa occasione hanno avuto il coraggio di provare e di riuscire ad abbattere frontiere che finora non avevano permesso di effettuare trapianti di cuore oltre un determinato numero di ore. Cosa mai neanche immaginata, fino ad ora». Straordinario, appunto.

Intervista a Gian Carlo Caselli: “La mia lezione a teatro per insegnare la legalità”

Beppe Minello,
La Stampa, 24/10/2023

Gian Carlo Caselli ha 84 anni ed è un leone. I 56 che ha vissuto nei più difficili palazzi di giustizia d’Italia ne hanno fatto un magistrato simbolo. Un simbolo contro il terrorismo di Br e Prima Linea quando, accanto agli uomini del generale Dalla Chiesa sconfisse il Nucleo storico dei Curcio e Franceschini fino alla cattura di Patrizio Peci, il primo pentito delle Br. Un simbolo contro la mafia, quando chiese e ottenne, dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, di essere nominato procuratore della Repubblica di Palermo.

Ora che è in pensione, non si ferma e la sua battaglia è diventata una battaglia di testimonianza. Come quella in memoria del suo maestro e amico Bruno Caccia, procuratore della Repubblica di Torino assassinato dalla mafia calabrese 40 anni fa. Una tragedia alla quale è dedicato “Sana e robusta Costituzione”, evento promosso dalla Fondazione La Stampa-Specchio di tempi in difesa dei valori della Costituzione e rivolto agli studenti di Medie e Superiori. A migliaia hanno già partecipato allo spettacolo “Jupe Culotte”, letteralmente gonna-pantalone, interpretato dal duo Giulia Berto e Rita Laforgia, che mette in scena il forte cambiamento sociale avvenuto nel dopoguerra con l’estensione delvoto alle donne. Lo spettacolo, domani, tornerà in scena al Teatro Colosseo, in via Madama Cristina 71, al mattino per 1300 studenti, la sera (ore 19) aperto a tutti e gratuito. Ci sarà, acciacchi permettendo, altrimenti in video collegamento, anche Caselli.

Il procuratore Caccia è stato un suo maestro e un suo amico. Qual è stato il suo insegnamento per un giovane Caselli all’inizio della carriera? E quale esempio rappresenta per i ragazzi che sentiranno parlare di lui al Colosseo?

«Ho conosciuto Bruno Caccia nell’inchiesta sul sequestro di Mario Sossi. Lui era pubblico ministero, io giudice istruttore. Era molto più anziano, molto più esperto e capace di me. Avrebbe potuto tenermi a distanza con il classico “ragazzino lasciami lavorare”. Invece mi prese per mano e mi insegnò tutto quel che c’era da sapere. Il suo era innanzitutto un insegnamento di correttezza e rigore, di rispetto della legge e dei diritti delle persone, senza sconti per nessuno. Valori che ha onorato fino al sacrificio di sé. Era temuto dai criminali. Basti pensare che la’ndrangheta, tranne Scopelliti e per fare un favore a Cosa nostra, non ha mai ucciso nessun magistrato fuori della Calabria se non Caccia e per difendere suoi interessi diretti. Un grande uomo e un grande magistrato. Un esempio per tutti coloro che l’hanno personalmente conosciuto e per coloro che ancora ne sentono parlare, grazie ai ragazzi di “Libera” che l’hanno “adottato” e alle iniziative come quella del teatro Colosseo».

C’è un momento particolare, un episodio della vita professionale e privata di Caccia che meglio rappresenta la personalità del magistrato ucciso dalla’ndrangheta?

«Caccia era maestro anche nello sdrammatizzare con l’ironia situazioni difficili. Ricordo quando interrogai per la prima volta un capo di Prima Linea, Michele Viscardi, che per dimostrarmi la sua sincerità di “pentito” cominciò col disegnare una piantina del parco della Tesoriera di Torino, dove allora c’era un campo da tennis su cui Caccia e altri magistrati (tra cui io) ogni tanto giocavano. Viscardi disegnò anche un caseggiato dal quale ci spiava un militante di Prima Linea. Il commento di Caccia fu: “speriamo che non abbiano segnato anche il punteggio delle partite, sennò che magra figura avresti fatto tu, caro Caselli”».

Il procuratore generale Saluzzo, lasciando il suo incarico, ha sostanzialmente detto che, alla luce dei processi già celebrati, non ci sarebbero riscontri dell’esistenza di un terzo livello responsabile dell’assassinio di Bruno Caccia. Tesi, invece, sostenuta con forza dalla famiglia Caccia: lei che idea s’è fatto?

«Per abitudine non prendo posizione su casi specifici ancora discussi e, in generale, e senza riferimento a casi concreti cito una frase di Giovanni Falcone: “Non pretendo di avventurarmi in analisi politiche, m non misi vorrà far credere che alcuni gruppi politici non siano alleati di Cpsa nostra (… ), nel tentativo di condizionare la nostra democrazia, ancora immatura, eliminando personaggi scomodi per entrambi”».

Il cuore generoso dei lettori vercellesi con le “Tredicesime dell’Amicizia”

Beppe Minello,
La Stampa, 21/10/2023

La solidarietà è ciò che tiene insieme una comunità. La solidarietà è il cuore delle Tredicesime dell’Amicizia di Specchio dei tempi. Quella che è considerata la più antica sottoscrizione italiana, promossa dalla popolare rubrica di lettere de La Stampa, si è estesa da Torino al resto del Nord Ovest d’Italia e a Vercelli. Quest’anno, e per la quarantasettesima volta, si ripete. Grazie alla generosità dei lettori de La Stampa, complessivamente, dal’76 sono state consegnate 78.786 tredicesime per una cifra di 32 milioni di euro, dalle prime trenta buste da 30 mila lire ognuna consegnate ad anziani bisognosi del centro torinese, ai 500 euro delle Tredicesime dell’Amicizia di oggi.

Un’iniziativa che rientra nel più strutturato progetto della Fondazione Specchio dei Tempi del Gruppo editoriale Gedi, rivolto agli over 80. Parliamo di «Forza Nonni», anch’esso già operativo a Vercelli e dove la generosità dei vercellesi ha visto crescere le donazioni del 27% nel periodo settembre-dicembre, quello in cui si concentra la raccolta e la distribuzione delle Tredicesime. «Forza Nonni», oltre all’aiuto, che può offrire sollievo quando la bolletta del riscaldamento è più dolorosa, prevede tutta una serie di servizi per agevolare la vita di chi ne ha più bisogno: un paio di spese mensili gratuite, l’assistenza periodica di una colf, di uno psicologo, di volontari che instaurano un rapporto che si avvicina molto all’amicizia. Aiuti che hanno l’obiettivo di integrare quelli che sono, o dovrebbero essere, i servizi offerti dall’Assistenza pubblica.

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Aiuti importanti in una realtà come Vercelli dove la percentuale di anziani over 65 è alta: rappresentano il 26,3% della popolazione. Un dato che è, comunque, poco più della media piemontese. Ma dove Vercelli cade è nella «Qualità della vita degli anziani» che è anche il titolo di una ricerca pubblicata sul Sole 24 Ore basata su 12 indicatori selezionati per misurare alcuni aspetti che influenzano la vita dei nostri nonni. Be’, Vercelli è la provincia piemontese che sta più in basso in classifica. È 84a su 107 province. Asti, per citare quella che le è più vicina, è al 66° posto. Il punteggio raccolto da Vercelli è 362, 5 quando Trento, la prima della classe in Italia, ha totalizzato quasi il doppio: 624, 3 punti. Le classifiche, è vero, lasciano sempre il tempo che trovano ma possono aiutare a capire come, nel nostro caso, vivono gli anziani valutando l’importo medio delle pensioni, il consumo di farmaci, le spese degli enti pubblici per il loro trasporto e l’assistenza domiciliare, fino alla presenza di orti urbani e biblioteche.

Ecco, in questo contesto a fare la differenza è sempre la solidarietà. Anche, e soprattutto, la solidarietà dei lettori di Specchio dei tempi.

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Oppure tramite bonifico bancario intestato a Fondazione La Stampa – Specchio dei tempi ETS, Iban IT67 L0306909 6061 0000 0117 200.

O ancora, Bollettino su Conto Corrente Postale n. 1035683943. Causale: “Tredicesime dell’Amicizia”.

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  • Torino, via Madama Cristina 35 (Lun-Ven 10-13);
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Hargeisa, morire ad un anno di fame, di stenti, di diarrea

Non sempre i medici di Specchio dei tempi riescono a salvare i piccoli denutriti: aiutaci anche tu ad offrire ai bambini del Somaliland assistenza medica e cibo

Jessica Genova è la project manager che lavora ad Hargeisa per conto di Specchio dei tempi e di MedAcross, in un programma di assistenza ai più piccoli completamente  finanziato dalla nostra fondazione. Ecco il suo racconto:

“In Africa si muore di fame e  di sete. L’ho letta molte volte questa frase, talvolta accompagnata da numeri spaventosi. Ma fino a che non lo vedi con i tuoi occhi, questa frase risulta spersonalizzata e vacua. In Africa, un continente così vasto, associato alla povertà da sempre, si soffre e si muore per fame. Lo leggiamo e lo vediamo in TV mentre ceniamo, così tante volte, che il nostro cervello dissocia quella sofferenza dalla nostra realtà, fatta di una cucina, del tepore della famiglia e del tintinnio delle stoviglie che si usano. La mia realtà oggi è un’altra: è la polvere della strada desertica, il rumore delle madri e dei bambini del campo profughi e a volte il silenzio. Come quando muore un bambino per fame. Oggi Mohammed, un piccolo di 1 anno, paziente della nostra clinica mobile finanziata da Specchio dei tempi, è morto. La causa: disidratazione, malnutrizione, diarrea.

Il team medico nel campo profughi ha fatto tutto il possibile per salvarlo: il dottore ha eseguito il massaggio cardiaco, l’infermiera è corsa a recuperare un ambu per le insufflazioni; tutto questo mentre la madre Leila – che ha attraversato Hargeisa a piedi, impiegando due ore di cammino sotto il sole cocente per raggiungerci – si è gettata a terra, quasi svenuta, incapace di alzarsi. Era come se sapesse ciò che stava accadendo, ma non riusciva ad accettarlo. Hanno dovuto alzarla di peso e farla sedere.

Il bambino era stremato, malnutrito, pochi giorni prima aveva avuto qualche episodio di diarrea e vomito ed è arrivato in clinica mobile senza forze. Quando Leila ha raggiunto l’ambulatorio nel campo profughi tutte le mamme si sono agitate attorno a lei, il bambino ormai non rispondeva e tutti hanno ceduto il loro turno per far visitare il piccolo dal medico. È una situazione straniante vedere così tanta energia attorno e lui inerme: sembrava quasi che tutta quell’agitazione, quell’energia potesse servire a quel piccolo corpo per smuoverlo e dargli forza. Ma non c’è stato nulla da fare e in questa frase così usata, ricade un peso dentro di me, un peso avvolto dal silenzio che ha invaso tutto l’ambulatorio. Le famiglie erano ancora fuori in attesa delle visite, ma calme. Tanti bambini che di solito giocano, piangono, chiamano la mamma e i fratelli, tutti in silenzio.

Ho raggiunto Leila per darle conforto e sostegno e, così, mi sono trovata davanti ad una donna di 30 anni – mia coetanea – che si prende cura di 7 figli: quattro a casa ad aspettarla, due accanto a lei e Mohamed in un’altra stanza, avvolto in un telo.

L’abbiamo riaccompagnata a casa. Abbiamo ripercorso in macchina tutto il tratto di strada che lei qualche ora prima – con speranza e disperazione – aveva fatto a piedi. Scendono dall’auto, sempre in silenzio e sono a casa. Poi arriva il mio turno, scendo dall’auto, sono a casa.”

Brandizzo, un aiuto ai parenti delle vittime “Grazie ai vostri lettori sentiamo affetto”

Giuseppe Legato,
La Stampa, 16/10/2023

“Grazie di cuore alla Fondazione Specchio dei tempi e ai lettori della Stampa. Pur in un momento di profondo dolore come quello che sto attraversando ho sentito molto la vostra vicinanza e una presenza amica e tangibile. Al netto dell’aspetto economico che pure rileva e molto è stato bello anche per i bambini poter contare sulla vostra solidarietà”. Daniela Tommasiello è la vedova di Giuseppe Sorvillo uno dei cinque operai della Sigifer travolto e ucciso da un treno in corsa sui binari della stazione di Brandizzo la notte tra il 30 e il 31 agosto scorsi.

La Fondazione Specchio dei tempi ha effettuato nei giorni scorsi la terza donazione dei lettori alla signora Tommasiello per un totale di 35 mila euro. «Un gesto di grande valore sotto il profilo morale – dice il legale che assiste la donna e i bambini, Luca Calabrò del Foro di Torino – con una cifra importante che è sicuramente utile in un momento delicato come questo sia alla signora Daniela che ai bambini».

I figli della donna e dell’operaio hanno 7 e 9 anni hanno scoperto che il papà era morto la notte stessa da un parente che li ha avvertiti al ritorno dalla stazione. Nei giorni scorsi sono stati celebrati i funerali di Giuseppe, originario di Capua. Da quattro mesi aveva lasciato la grande distribuzione dove lavorava da anni per guadagnare 400 euro in più alla Sigifer: un lavoro più duro, evidentemente rischioso, ma meglio remunerato: «Avevamo sottoscritto un mutuo importate e della durata di 30 anni-ha raccontato Tommasiello a La Stampa – e questo lavoro di mio marito ci permetteva di non dover togliere nulla ai ragazzi e al contempo fare progetti più ambiziosi per il loro futuro».

Come donare per le famiglie degli operai di Brandizzo:

Per aiutare le famiglie degli operai caduti a Brandizzo è possibile effettuare donazioni sul sito www.specchiodeitempi.org/perglioperaidibrandizzo o tramite bonifico bancario intestato a Fondazione La Stampa Specchio dei tempi ETS, Iban IT67 L0306909 6061 0000 0117 200. Bollettino su Conto Corrente Postale n. 1035683943. Causale: “Per gli operai di Brandizzo”.

E’ possibile versare di persona:

  • InfoSpecchio: Torino, via Madama Cristina 35 (Lun-Ven 10-13);
  • Ufficio Abbonamenti La Stampa: Torino, via Lugaro 21 (Lun – Ven 9.30-13);
  • Agenzia Centrale di Reale Mutua: Torino, p.zza Castello 113 (Lun-Ven 8.30-12.30/14.45-17.30);
  • Specchio Point: Pinerolo, via del Pino 70 (Mer 9-13).
  • Redazione di Cuneo in corso Nizza 11, il martedì dalle 10 alle 13 ;

Via Nizza 24 a Torino, colazioni dei poveri anche ogni domenica mattina

Angelo Conti

Le colazioni dei poveri di Casa Santa Luisa sono una consolidata realtà torinese, una piccola icona della solidarietà sorretta dalle suore e dai volontari vincenziani e finanziata e sviluppata da Specchio dei tempi. Da oltre 12 anni la nostra fondazione si fa carico dei costi della colazioni che, in questo lasso di tempo, sono state oltre 500.000. Tradizionalmente le colazioni venivano offerte dal lunedì al sabato, ma non la domenica.

Da qualche settimana, Specchio dei tempi ha colmato questa lacuna e, ogni domenica mattina, lo SpecchioBus sosta (dalle 7,30 alle 9) davanti a via Nizza 24 per distribuire le breakfast-bag che contengono brioches, succhi, frutta ed altri genere di conforto. In questa iniziativa Specchio è supportato, oltre che dai propri volontari. anche dai City Angel che ben conoscono il mondo della marginalità cittadina.

Costituzione, lo spettacolo gratis il 18 ottobre al Toselli di Cuneo

La Stampa, 03/10/2023

Specchio dei tempi ha da sempre a cuore i valori della Costituzione. E ritiene che la sua conoscenza debba essere favorita e sostenuta soprattutto fra i ragazzi delle scuole. Utilizzando ogni mezzo, compreso quello teatrale. Ha così promosso a teatro per il pubblico di Cuneo «Jupe Culotte» del duo Giulia Berto e Rita Laforgia, lo spettacolo che racconta la storia di due donne che vivono un forte cambiamento sociale avvenuto nel dopoguerra: il diritto di voto per tutti e la possibilità anche per le donne di essere protagoniste della politica italiana.

La serata – alla quale sarà presente anche l’ex magistrato Gian Carlo Caselli – è dedicata al giudice cuneese Bruno Caccia, ucciso dalla ‘ndrangheta il 26 giugno 1983.

L’appuntamento è per il 18 ottobre al Toselli (ore 20,30): l’ingresso è libero ma i posti sono limitati e occorre prenotarsi qui.

Tutti i lettori sono invitati.