Articolo di Beppe Minello, pubblicato su “La Stampa” del del 24 febbraio 2019
Sulla porta della casa di Barbara, all’ultimo piano di un vecchio e ammuffito caseggiato Atc di via Cravero, c’è il disegno di un gattino degli Aristogatti. Sarà pure finto, ma il suo sorriso ti fa dimenticare i cinque piani fatti faticosamente a piedi e che per Barbara, 45 anni, ammalata di cancro con il 100 per cento di disabilità, sono una sofferenza e un rischio continuo. Il sorriso di quel gattino è però, anche un po’ il simbolo della famiglia di Barbara, separata e con 5 figli a carico, la più piccola di 3 anni, il più grande di 14, mentre un sesto, di 24, se n’è già andato di casa.
Un simbolo, perché la famiglia di Barbara è, a suo modo, solida. Anche perché, e giusto per fare un esempio, quando hai 10 anni come Alessia, la penultima di casa, e vorresti andare in gita con i compagni di classe e ti senti rispondere che «non si può» perché mamma non se lo può permettere – e servirebbero poi solo 30 euro! – come si può essere felici? E dire che, a scuola, Alessia è tenuta in palmo di mano perché solo con lei una compagna down, incrociata già all’asilo e mai lasciata, sta volentieri in classe.
E non è che ad Aurora, la più grande, a Michael, 14 anni, che l’anno scorso ha potuto vedere il mare grazie a un progetto di Specchio dei tempi dall’eloquente titolo: «Bambini mai in vacanza» o a Nicola, 8 anni, vada meglio. Quest’ultimo ha provato, gratuitamente, un corso di nuoto alla Colletta. «Piaceva tanto ad entrambi, ma l’iscrizione?», s’interroga Barbara che tira avanti con l’aiuto di Specchio dei tempi, dei servizi sociali, di quanto offre la solidarietà pubblica e privata.
Pure Atc ha in bella vista la sua pratica per cambiarle l’alloggio di due stanze, cucina e bagno che ha le pareti ammuffite. Barbara, con il Rei, il reddito d’inclusione di renziana memoria, riusciva a pagare le bollette: «Ora è sospeso e attendo, se mai arriverà, il reddito di cittadinanza». Una vita, insomma, nella quale ci si veste e ci si ciba con ciò che passa la carità più o meno travestita.
Guai, dunque, a immaginare qualcosa di diverso, fare un progetto, guardare un po’ più in là del giorno dopo. Barbara non si vergogna, è una donna forte, sia dentro sia, alta com’è e mai piagnucolosa, fuori. A tenerla così, nonostante disgrazie che distruggerebbero chiunque è l’amore per i figli. Come una chioccia, ha combattuto per tenere lontano dai tre più piccoli il suo ultimo compagno e loro padre. «Un tossico che, dicono, stia uscendo dalla dipendenza e che vive in un garage: non voglio che i suoi e miei figli lo vedano così. Lui s’è rivolto al giudice, ma i servizi sociali si sono complimentati con me per il mio atteggiamento» ricorda, con orgoglio, Barbara. La quale, ora attende un secondo intervento chirurgico. Il suo pensiero dominante, indovinate un po’ per chi è? «Come faranno i bambini senza di me?»
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