Di Paola Scola
Stavolta ha resistito al Tanaro in piena, nella notte tra il 2 e 3 ottobre. Ma con qualche acciacco, in particolare alle protezioni laterali, che la forza dell’acqua e la spinta dei tronchi hanno danneggiato in alcuni punti. La Passerella è uno dei simboli di Ceva. E una targa di metallo avvitata sul montante ricorda il legame che il piccolo ponte pedonale sul fiume ha con Specchio dei tempi: “La Stampa con la rubrica Specchio dei tempi in aiuto alla comunità di Ceva nei tristi giorni dell’alluvione del 5/11/94 volle la ricostruzione della Passerella che venne riconsegnata il 26/3/95”. Solidarietà che, dopo 25 anni, si ripete dopo l’alluvione d’inizio ottobre. Perché Specchio dei tempi aiuterà il ripristino del “suo” ponticello con un bonifico da 5.000 euro al Comune di Ceva.
La storia inizia la sera del 5 novembre ’94 e porta alla ricostruzione, con i fondi generosamente donati dai lettori de La Stampa. Prima opera pubblica restituita alla città dopo il disastro di allora. “A Ceva di chi è povero si diceva che non ha i soldi neppure per passare Tanaro – dichiarò in quei giorni il sindaco Gianni Taramasso -. Noi eravamo così, ma Specchio dei Tempi ci ha soccorsi”. Quella notte, quando si diffonde la notizia che il Tanaro ha spazzato via la Passerella, i cebani capiscono che è davvero il disastro. Tutti, in città e non solo, hanno un ricordo che li lega ad essa. A partire dal 1834, quando gli abitanti di borgo Torretta chiesero al Comune di poter costruire un passaggio sul fiume: venne autorizzato, purché fosse a loro spese, più resistente della piccola nave che faceva già traghetto e senza far pagare il pedaggio. Di volta in volta si realizzarono pedancole in legno, che le piene del Tanaro regolarmente portavano via. Fino al 1890, quando il Municipio deliberò di posarne una di ferro: costruita dalle Officine di Savigliano nell’aprile 1892 e costata 15 mila lire finanziate dalla Cassa Depositi e Prestiti, resistette fino al termine della seconda guerra mondiale, quando fu distrutta dai tedeschi in fuga.
Dopo la seconda guerra mondiale gli abitanti devono rimetterla in piedi. Come il 5 novembre ’94. Il fiume impazzito allaga il centro di Ceva e strappa il passaggio di ferro tra i rioni Brolio e Filatoio. E l’abbandona meno di cento metri più avanti. Un groviglio di rottami accartocciati. “Ormai la città era tagliata in due – scrive La Stampa, il 12 dicembre ’97 –. L’alluvione aveva devastato oratorio, asilo, scuole, caserma, decine di case, fabbriche, negozi. La perdita della Passerella, uno dei simboli del paese, fu un colpo terribile. Come se il Tanaro, dopo aver ferito i cebani, avesse voluto anche separarli”. Il sindaco di allora, Gianni Taramasso, ricorda: “Quando Specchio dei Tempi portò i primi aiuti agli alluvionati, pochi giorni dopo il disastro, ci fu chiesto cosa la città rivolesse. Sono bastati pochi istanti per decidere: la Passerella”.
Ed ecco l’intervento di Specchio dei tempi. Gli ingegneri della Conicos di Mondovì la progettano come la struttura originaria. In più, ci sono le rampe d’accesso in calcestruzzo. Lunga 45 metri e larga 2, pesante 29 tonnellate, è fatta da cinque elementi imbullonati fra loro e pavimentata con tavole in rovere. Un paio di mesi di lavoro, 227 milioni di lire di costo coperti dalla fondazione del quotidiano torinese. Pezzi assemblati in piazza d’Armi e, poco dopo, la nuova posa come custode sul Tanaro. Alla cerimonia d’inaugurazione, il 26 marzo ’95, in centinaia a ricordano commossi che cosa è avvenuto. E come la generosità dei lettori de La Stampa abbia riunito i due rioni, di qua e di là dal fiume, con la Passerella usata anche dagli studenti per andare a scuola.
Per i vent’anni dal disastro, nel 2014 Ceva organizza come cerimonia ufficiale una festa di “compleanno” del ponticello. Ora – ottobre 2020 – è di nuovo Specchio a prendersene cura.