Beppe Minello
La Stampa, 25/06/2021
Immaginiamo, se ci riusciamo, di vivere senza muscoli o con muscoli che funzionano al minimo delle loro capacità. Quei muscoli che permettono alla nostra cassa toracica di allargarsi per respirare, quelli delle gambe per farci camminare o delle braccia e delle mani per afferrare un oggetto, del collo per girare la testa di lato, della bocca per masticare. Ogni movimento è pressoché proibito o limitatissimo. Francesco Pace, 5 anni a luglio, sopravvive grazie ai farmaci, alla fisioterapia e all’amore e alla totale dedizione dei genitori, Isabella e Domenico, 36 anni entrambi, che affermano: “Non ci chiediamo più se nostro figlio un giorno camminerà, ma solo se è e se sarà felice”.
La malattia diagnosticata al loro bambino quando aveva meno di un anno di vita è il livello 1, il più grave, della Sma, l’atrofia muscolare spinale, patologia neuromuscolare che provoca la progressiva morte dei motoneuroni, le cellule nervose del midollo spinale che impartiscono ai muscoli il comando di movimento. Gliel’hanno trasmessa papà e mamma, entrambi portatori sani della malattia. Accade a un bambino ogni 8 mila. Tanti, purtroppo, ma proprio per questo la ricerca scientifica è forte e, paradossalmente, Francesco è stato “fortunato”.
Quasi in contemporanea alla terribile diagnosi (“I medici gli diedero un anno di vita”) sul mercato è arrivato un medicinale, lo Spinraza della Biogen, che iniettata al piccolo ha rallentato il decorso della Sma. Mamma Isabella, la cui voce, ogni tanto e quasi impercettibilmente, si spezza, è una donna solare che ha dovuto lasciare il lavoro per seguire il figlio. Ama così tanto Francesco da dire con un filo di voce: “Non l’avrei lasciato vivere attaccato a un respiratore meccanico, avrei lasciato che la malattia facesse il suo decorso…”. Invece, quelle fiale costosissime (comunque pagate dal Servizio Sanitario Nazionale) le hanno restituito un po’ di speranza, non certo di un’impossibile guarigione, ma di un barlume di vita.
Francesco, la cui intelligenza compensa la quasi impossibilità di muoversi, si sposta nell’alloggetto di via Polonghera, rotolando su se stesso o in carrozzella. Ride sempre e, va da sé, chiede perché lui è così e gli altri bambini possono correre e saltare nel parco. “Ma lo fa quasi con rassegnazione, non si dispera mai” dice papà Domenico, che lavora alla Punch, l’azienda che ha preso il posto della General Motor, con la passione del calcio che ha lasciato presto: “Non potevo scendere in campo con un rovello che avrebbe potuto spingermi a reazioni incontrollate”.
Ecco, per donare un altro pezzetto di vita a Francesco, i genitori stanno per trasferirsi a San Mauro, accanto ai nonni materni: “Ma il nostro sogno è una carrozzella elettronica che permetterebbe a Francesco di muoversi più di quanto faccia ora con le sue deboli braccia. L’Asl di San Mauro è disponibile a fornirci quella elettronica a patto che Francesco sappia manovrarla, e questo non è un problema; che facciamo un’assicurazione per eventuali danni e la faremo. La terza condizione però, è avere un furgone per spostare la carrozzella quando intendiamo portare Francesco in un parco o dove posso avere un minimo di vita di relazione con gli altri bambini. Non sappiamo come fare: le nostre risorse non ci permettono di acquistarne uno. Così come vorremmo, ma non possiamo, attrezzare le case dei nostri nonni con piattaforme mobili o un ascensore. Qualcuno può darci una mano?”.