Beppe Minello
E’ uno di quei giorni in cui l’imminente inverno si fa amare. La neve caduta nella notte moltiplica la luce abbagliante del sole, l’aria è fredda e pulita. L’occhio, dal balcone di casa di Valter Coletta, può spaziare sulla pianura. A sinistra, dalla cappa sopra Torino, a volte spunta il grattacielo della Regione. A destra, sporgendosi un po’, s’intravedono i laghi di Avigliana. Montecomposto è un borgo di Villardora che si raggiunge deviando appena un po’ dalla strada che da Almese porta al Colle del Lys.
Un paradiso. A starci un giorno e quando fa bello. Che diventa un purgatorio, a volte un inferno, se si vive, come Valter, in una stanza affumicata dalla stufetta a legna strategicamente piazzata al centro dei pochi metri quadrati, un robusto sofà che ogni sera diventa letto, un tavolo, una sedia e una cucina economica. Il bagno? Il bagno è fuori. Ma anche un calvario se, com’è accaduto a Valter che i suoi 67 anni li dimostra solo nello sguardo azzurro e sveglio, sei reduce da due anni di cure devastanti per combattere tre tumori: alla vescica, alla cistifellea, al colon. Combattuti più volte – e per ora sconfitti – prima in sala operatoria e poi con 8 mesi di chemioterapia: “Prendevo 112 pastiglie ogni 15 giorni” racconta, con una punta di simpatico machismo, il margaro pronto a tirarsi su la maglietta per far ammirare, si fa per dire, la cicatrice che dallo sterno arriva all’ombelico.
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Perché Coletta è un margaro. In disarmo certo, ma che se potesse ancora allevare 4 o 5 capre per fare quel formaggio che nemmeno può più mangiare, sarebbe un uomo tutto sommato felice. Invece non può. La chemio gli ha intorpidito le gambe e i piedi, tanto che vive senza calze: “Non riuscirei a piegarmi per toglierle e tantomeno per metterle. Vede la tuta che indosso? Non la tolgo quasi mai” sorride contando i 500 euro che Specchio dei tempi gli ha appena consegnato. Valter Coletta è uno dei duemila anziani che anche quest’anno, e da quasi mezzo secolo, vivranno un piccolo momento di serenità grazie alle Tredicesime dell’Amicizia: “Trasformerò questo aiuto in legna per la stufa… perché, lo sa?, costa 14 euro al quintale!”.
Da trent’anni a Montecomposto, dov’è tornato quando il suo matrimonio è andato a ramengo, non ha mai avuto problemi a sopravvivere: con 35 capre produceva un formaggio che aveva un suo bel mercato. La legna che ora paga 14 euro al quintale, la trovava pulendo i boschi attorno al borgo che, all’epoca, era abitato da 300 persone e 700 vacche. “Siamo rimasti in 40. Siamo come un condominio dove, come in un condominio, nessuno si parla. Chi lavora, lavora in pianura e quando torna si chiude in casa” racconta, malinconico, Valter.
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La sua giornata è sempre uguale: sveglia alle 5, due biscotti bagnati nell’acqua, qualche messaggino – ché il cellulare è l’unici legame con la modernità – a pochi amici. Nessuno di loro mai si avventura su per i bricchi per andarlo a trovare. L’ora del pranzo arriva in un amen ed è festa quando Valter si apre una scatoletta. I trent’anni passati nei boschi sono la sua laurea: non ci si stanca mai ad ascoltarlo parlare di piante e delle loro qualità nutritive e medicamentose, i funghi sono l’altra sua passione. Li trova con il naso (“Sento il loro profumo”) perché l’occhio sinistro è andato quando una vipera l’ha morsicato. E quanti funghi trovava. La sua postazione preferita è sul balcone dove sta sempre appoggiato alla ringhiera, tanto che il margaro ne ha imbottito un piccolo tratto, sufficiente ad accogliere i gomiti.
Un po’ di gioia arriva il lunedì con Barbara, l’operatrice socio sanitaria che lo porta a fare la spesa a Villardora; arriva il mercoledì con Nadia, pure lei un’oss, che lo accompagna a fare la doccia settimanale in paese visto che il bagno di Valter è solo un vaso alla turca; arriva ancora il giovedì e il venerdì con Loredana con la quale va a rifare un po’ di spesa. Valter si mantiene con la pensione d’invalidità al 100 per cento e un rimasuglio del reddito di cittadinanza destinato, molto presto, a esaurirsi completamente. Insomma, ha poco o nulla. Ma quando il cronista di Specchio dei tempi gli consegna la Tredicesima dell’Amicizia e lo saluta, gli allunga una “bornia” di funghi secchi e sussurra: “Grazie…”.
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