Sant'anna, così i nuovi ambienti daranno forza alle malate

Articolo di Beppe Minello

Ci sono i medici, gli infermieri, il personale sanitario nel suo complesso. Poi ci sono loro, mossi solo dall’altruismo, dalla generosità, spesso dall’esperienza, dolorosa o illuminante, vissuta sulla propria pelle nel letto di qualche ospedale o persi nei meandri di una Sanità che sa offrire tante prestazioni di eccellenza ma anche momenti di smarrimento burocratico e umano. Sono i volontari che, solo nel complesso della Città della Salute, «sono circa 1.800, un numero significativo e importante se si pensa che tutti i dipendenti della stessa struttura, dal primario all’ultimo usciere, arrivano a 15 mila persone» rivela Luigi Visintin, presidente di Federvolontari. Ed è con questo mondo che la Fondazione La Stampa – Specchio dei tempi lavora e lavorerà per realizzare il Day Hospital del Sant’Anna. Un mondo che s’è confrontato con Specchio dei tempi per raccontare progetti e sogni che nel nuovo Day Hospital possono trovare una possibilità di ulteriore rilancio «a patto che il progetto venga realizzato tenendo conto delle esigenze delle donne e i volontari trovino il modo di coordinarsi meglio tra loro per evitare doppioni e non disperdere energie» ha ammonito la dottoressa Teresa Volpe, medico del Sant’Anna e, essa stessa, esponente di «In seno alla vita». Un richiamo alla realtà e alla concretezza doveroso che però nulla toglie alla ricchezza, alla fantasia, alla bellezza di ciò che tante donne e uomini realizzano ogni giorno negli ospedali torinesi, non solo al Sant’Anna, a favore di sconosciuti accomunati dal dolore.
Onofrio Di Gennaro e Anna Maria Ottaviani dell’AVO (Associazione Volontari Ospedalieri) sono entusiasti del nuovo Day Hospital «con il quale collaboreremo perché l’umanizzazione delle strutture sanitarie è anche il nostro obiettivo. Siamo una cinquantina. Da tempo attendiamo un progetto come il nuovo Day Hospital perché conosciamo le esigenze di chi, mentre già combatte una battaglia durissima contro il male, deve correre da una parte all’altra dell’ospedale». Paola Montano, psicologa, guida il GADOS, (Gruppo Assistenza Donne Operate al Seno), l’associazione più antica. «Ad aprile compiamo 35 anni – dice Fernanda Barlusconi – e da allora ci occupiamo di gestire il cambiamento che affrontano le donne che precipitano nell’incubo del tumore al seno. Che noi conosciamo perché ci siamo passate. Siamo una testimonianza diretta che ce la si può fare». Il GADOS è un vulcano di iniziative: dai corsi di cucina naturale coordinati dal cuoco dell’Istituto dei tumori di Milano, «ai corsi di danza del ventre e iniziative ludiche come le sfilate di moda mare con costumi adeguati a chi è stato operato al seno – dice Paola Montano -. Offriamo a tutte loro la possibilità di rimettersi in gioco». L’obiettivo della RAVI, nata su impulso del chirurgo senologo Coluccia e delle donne accomunate dalle ore passate insieme a fare chemioterapia, è indicato esplicitamente nel suo nome: ricominciare a vivere dopo l’operazione al seno.

La RAVI è guidata da 3 anni da Antonella Davello: «Quando è tutto finito, tornare alla normalità non è sempre facile – dice -. Il cancro al seno ti toglie parte della personalità femminile e questo non è facile da gestire». «Il nostro fiore all’occhiello che piace tanto alle ricoverate – racconta Pina Martinazzo, una delle due vicepresidenti, operata e socia fondatrice del Ravi – è «Il dottore risponde» che una volta si chiamava «Dottore si spogli». È il momento in cui i medici della “breast” rispondono alle domande delle pazienti che in quella sede, spesso, trovano il coraggio di fare quelle domande che non hanno osato fare a tu per tu». Alice Tudisco della ACTO (Alleanza Contro il Tumore Ovarico) e a Dina Aufiero che guida la SIDEO (Solidarietà Internazionale Donne con Esperienza Oncologica) sono un altro esempio di altruismo. «Seguiamo tutte le donne con problematiche oncologiche, non solo quelle operate al seno – spiega Aufiero -. Il nostro staff, composto da una trentina di persone, compreso un medico legale e un legale che offre consulenze gratuite, aiuta le donne a risolvere i problemi che sorgono dopo l’intervento quando le donne, soprattutto le più giovani e in campo lavorativo, si ritrovano sole»

Specchio vicino alle donne malate che lottano

Articolo di Angelo Conti

È il senso della comunità che prende il sopravvento. Quella forza sottile e profonda che ci porta a condividere obiettivi, traguardi e sogni. Ed è proprio la comunità che sta rispondendo all’appello di Specchio dei tempi: «Riapriamo il day hospital oncologico del Sant’anna, per essere utili alle donne malate, per condividere le loro sofferenze e le loro speranze». Questa risposta è nelle centinaia di donazioni arrivate in queste settimane. Donazioni che hanno messo in movimento i numeri, ma che sono ancora lontane dall’obiettivo: quello di raggiungere quei 1,2 milioni di euro necessari a riaprire, dopo averlo completamente ristrutturato, il vecchio day hospital dell’Ospedale Sant’Anna.

Specchio dei tempi è qui, in questa avventura di cui si fa carico dell’intero peso economico, perchè ha chiaro e forte proprio il senso di comunità. È lo stesso che ha spinto, in una storia lunga oltre 60 anni, i torinesi (ma non solo loro) a scegliere una strada, un compagno, un amico a cui affidare risorse per inseguire sogni. Ed è proprio il peso, la forza, la riconoscenza per questa fiducia che spinge noi di Specchio ad accettare sfide, anche quelle più difficili. Come quella di ridare al Sant’Anna tutto il percorso di cura dei tumori femminili, senza buchi, pause, interruzioni che vogliono oggi dire fatiche e dolori per le donne malate. Ed è per tutto questo che ci sentiamo, guardandovi negli occhi, di chiedervi ancora una volta di camminare con noi. In aiuto di tante donne che lottano, di Torino e del mondo.

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Sant'anna, i lavori partiranno il 3 giugno

Il cronoprogramma per la realizzazione, da parte della Fondazione Specchio dei tempi, del nuovo Day Hospital dell’Ospedale Sant’anna, che ospiterà anche le nuove sale della Chemioterapia, procede secondo le aspettative. Ed è confermato l’inizio dei lavori per il prossimo 3 giugno. La consegna dell’opera è invece prevista per il gennaio 2020. In poco più di 6 mesi ristruttureremo completamente questa area, 1050 metri quadrati, che è una delle più delicate dell’ospedale. La spesa prevista è di 1,25 milioni di euro, completamente a carico della Fondazione Specchio dei tempi.
Per essere accanto alle donne che attraversano il tunnel della malattia.
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Vicini alle nostre mogli, figlie, mamme e fidanzate

Incontro con le Volontarie del Gados: le tante testimonianze di chi ha battuto il cancro

Articolo di Beppe Minello

Si chiamano Fernanda, Paola, Rosella: sono le nostre mogli, figlie, mamme, fidanzate. Per loro, per le migliaia di donne che hanno affrontato, stanno affrontando e, purtroppo, affronteranno il calvario di un tumore, nascerà il nuovo reparto Day Hospital unificato di Oncologia ginecologica pelvica e mammaria al primo piano del Sant’Anna. «Immagino che sarà stato ricoverato in qualche ospedale, vero? Se lo ricorda? Un posto tendenzialmente sporco, usurato, con medici e malati che vanno e vengono. Un posto scuro, ché questi sono posti scuri. Ecco, quello che si vuole realizzare qui al Sant’Anna sarà un luogo, mi consenta la definizione, allegro, luminoso, pulito. Un luogo dove ti accolgono e ti dicono “Oggi vai qui e tra due giorni là” e tu saprai dove e non dovrai cercare, non dovrai sapere tu chi chiamare, un luogo dove l’oncologo ti visiterà senza che tu debba cercarlo. E ciò accadrà perché tutto sarà finalmente strutturato e standardizzato». Paola Montaldo, 49 anni psicologa, sa di cosa parla. L’associazione che presiede, la Gados (Gruppo assistenza operate al seno) da 35 anni si prende cura dal punto di vista psicologico e del benessere in senso più generale delle donne arrivate al Sant’Anna annichilite da una diagnosi «che, quando l’associazione nacque, era considerata una sentenza di morte. C’era bisogno di dare loro conforto, sostenerle, dimostrare che ce la si può fare, controllare la tempesta emotiva scatenata dalla diagnosi». Una rivoluzione, contro un sistema che considerava le pazienti numeri, teorizzata e concretizzata dal professor Mossetti coinvolgendo le donne già operate al seno come, diciamo, testimonial che ce la si può fare. «Le esortava – ricorda Fernanda, 70 anni, insegnante di matematica, operata nell’87 e volontaria Gados dal 2000 – dicendo loro “Dovete farvi belle, ben pettinate e truccate e andare al letto di chi è appena stato operato per dire loro che anche voi ci siete passate, che siete lì per dimostrare che si sopravvive, che state bene”».

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E in questi anni, oltre 12 mila donne hanno combattuto insieme con le volontarie del Gados diventando, molte di loro, volontarie esse stesse o continuando, anche a decenni dall’intervento, a frequentare i gruppi di auto-aiuto che settimanalmente si tengono al Sant’Anna in uno stanzone «conteso» – per dire la carenza di spazi – con gli specialisti dell’ospedale di corso Spezia, dagli oncologi ai radiologi, che lo utilizzano per consultarsi e stabilire «le cure dopo un determinato istologico o… quella che potrebbe apparire come una condanna». «È dopo questa “sentenza” che il mondo precipita – spiega Rosella, 52 anni, ex-arredatrice -. Ti operano e ti chiedi: ora dove vado? Magari decido per Candiolo. Ma chi mi visita? L’oncologo che mi ha operato o quello di Candiolo? Poi devo fare la radioterapia: che faccio? Vado alle Molinette perché c’è il reparto di radiologia? E poi magari devo fare fisioterapia, cosa che si scopre attraverso l’esperienza di altre che ci sono già passate o perché un medico te l’ha detto: e dove vai? Al Mauriziano o al Cto? E una visita dietologica la farò al Sant’Anna perché c’è la dottoressa che hai conosciuto o dove? Insomma, si gira tutta la città senza essere abbracciata da nessuno». Un «abbraccio» che le donne del Gados, e non solo loro, contano di ricevere dal nuovo Day Hospital del Sant’Anna (la cui rapida ristrutturazione è l’obiettivo di Specchio dei tempi) dove ricreare qualcosa che, per altro, «già esisteva all’ospedale Valdese prima che lo chiudessero – ricorda ancora Fernanda -. Lì facevano lo screening, la mammografia una volta all’anno. Se si scopriva qualcosa ti avvertivano: “Signora c’è qualcosa che non va”. Ti prendevano sottobraccio e ti portavano a fare l’agoaspirato: “Non si preoccupi, adesso la faccio vedere da un medico che si occuperà di lei”. E quel medico si occupava dei tempi dell’intervento, te lo spiegava, ti diceva le terapie che avresti fatto, trovava il letto in tempi brevi. Insomma, il nuovo Day Hospital non è fantascienza».

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Diamo speranza alle donne malate

Articolo di Angelo Conti

Ogni anno in Piemonte vengono diagnosticati 4300 casi di cancro alla mammella. E da quel giorno comincia una battaglia che, pur avendo sempre storie diverse, per almeno 500 donne dovrebbe passare attraverso la chemioterapia del Sant’Anna. Per complessivamente almeno 5000 infusioni di chemio ed almeno 2500 terapie orali. Tutte cure che necessitano di centri specializzati. Oggi, dopo la chiusura del suo Day Hospital, l’ospedale Sant’Anna (oltre 1500 interventi chirurgici oncologici ogni anno) si trova in affanno, costretto a dirottare su altri ospedali tutte le donne malate. Interrompendo così un percorso di cura che si dovrebbe svolgere, per evidenti ragioni, tutto all’interno del Sant’Anna. Ma che, stante l’inagibilità del Day Hospital, oggi viene deviato su percorsi ben più scomodi con difficoltà molto pesanti per donne che attraversano un delicato momento della loro vita.

Alla Fondazione Specchio dei tempi è stato così chiesto di valutare un intervento per ripristinare l’attività del Day Hospital. Sentiti i medici dell’ospedale, le associazione delle donne operate ed i vertici della Città della Salute, non è stato difficile rendersi conto che si trattava di un intervento assolutamente necessario, ma che le finanze pubbliche non potevano sostenere. È così scattata una nuova sfida, quella di tentare l’impresa. È stato esaminato un progetto di massima (architetto Barbara Gerino) che ha subìto, anche grazie alle consulenze degli architetti Fugiglando e Valdemarin, un consistente miglioramento qualitativo. Alla fine le cifre sono parse evidenti: servono 1,2 milioni di euro per ristrutturare oltre 1050 metri quadrati, oggi in condizioni decisamente critiche. Due settimane fa la firma della convezione fra il direttore generale della Città della Salute Silvio Falco ed il presidente di Specchio, Lodovico Passerin d’Entrèves. E poi subito via al lavoro per il progetto esecutivo a cui seguirà l’assegnazione dei lavori. Il cantiere sarà attivo a giugno con fine lavori intorno a Natale. Il regalo di Specchio e di Torino alle donne che lottano contro il male del secolo. Per farle vincere.

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Una donazione da 100 mila euro apre la raccolta per il Sant'Anna

Articolo di Angelo Conti

Lanciata ieri mattina, la sottoscrizione di Specchio dei tempi a favore del nuovo Day Hospital dell’Ospedale Sant’Anna ha subito trovato la generosità dei torinesi. Numerose le donazioni, piccole e grandi, arrivate in queste primissime ore. Fra tutte spicca l’offerta di 100.000 euro versati da un importante imprenditore torinese che ha voluto mantenere l’anonimato. Oltre, si è detto, a numerose, importantissime e preziose, offerte minori. Ci separano ancora quasi 1,1 milioni di euro dall’obiettivo di raccogliere quanto occorre per il Day Hospital, ma tutti questi slanci dimostrano la generosità della città e la fiducia verso la Fondazione Specchio dei tempi. Una spinta grande per il nostro lavoro e il nostro impegno, a favore delle donne malate di tumore.

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