Irene Famà,
La Stampa, 15/05/23
Alice, 15 anni, beve per sentirsi grande. «Con uno spritz in mano è più facile fare conoscenza». Marco,14 anni, le bottiglie di liquore le ha nascoste sotto il letto del collegio. A decine. Una sfida al sistema, «un modo per essere accettato dagli amici». O almeno così ha spiegato agli insegnanti che l’hanno scoperto. Francesco, 19 anni, guidava ubriaco. Ha demolito due auto, è salvo per miracolo. Maria, 13 anni, ha iniziato a comprarsi le birre da sola durante la pandemia. Da lì non ha più smesso. «Mi aiutano a interagire con le persone. Mi sento più bella, più interessante», ha confessato ai terapeuti che l’hanno seguita nel percorso di disintossicazione. E poi c’è quel tredicenne che l’altra sera, fuori dalla discoteca Moya, è svenuto, in coma etilico, dopo una festa a base di cocktail di ogni genere.
L’abuso di alcol tra i giovani assume sempre più i contorni di un’emergenza. «Abusatori periodici», così li definiscono gli esperti. Bevono per superare la timidezza, per sfida, per esibizione. Per farsi vedere. Soprattutto le ragazze, spiega Ivana De Micheli, la presidente di Acat Torino Centro. «Da anni andiamo nelle scuole a spiegare le gravi conseguenze del consumo di alcol, eppure nemmeno vi immaginate quanti giovani arrivano nei pronto soccorso della città in coma etilico». Con loro i genitori, «che invece di chiedere aiuto, spesso negano l’evidenza». In Italia, ogni anno, ci sono circa 800mi1a persone che accusano «disturbi dall’uso di alcol» e, nelle strutture specializzate per affrontare le dipendenze ne arriva appena il 10 per cento. «In questo momento noi abbiamo una settantina di persone in terapia, seguite da cinque gruppi di sostegno», continua De Micheli. Adulti e giovani. Le regole ci sono: vietato vendere alcol a chi ha meno di sedici anni. Eppure in pochissimi, dal bancone, chiedono i documenti prima di servire un cocktail. «Le norme dovrebbero essere più stringenti – è l’appello degli esperti – Gli alcolici dovrebbero essere vietati sino ai 21 anni perché distruggono le cellule cerebrali innescando una sessantina di patologie collegate». La questura, nell’ultimo anno, ha denunciato quattro titolari dei locali e chiuso due discoteche perché somministravano cocktail e birre e vino ai più piccoli.
Il camper di Specchio dei tempi, insieme ai carabinieri, si ritrova nelle zone della movida, dove ci sono gli “spritz comunitari”, dieci a quindici euro, per fornire alcol test gratuiti e prevenire le stragi del sabato sera. Tra gli adolescenti, il lockdown ha peggiorato le cose: i ragazzi che hanno iniziato a bere a casa, di nascosto, per passare il tempo. Anche per questo al Mauriziano, un anno fa, è stato inaugurato il primo Centro Alcologico di Torino. Un day hospital dedicato a persone con Disturbo da Uso di Alcol (DUA). In Piemonte sono stati 185 ingressi in pronto soccorso di minori sotto i 17 anni. Adolescenti, con diagnosi attribuibili all’alcol. E in 350, trai 18 e i 24 anni, sono arrivati in evidente stato di intossicazione alcolica. L’équipe medica del Centro è coordinata da Fabrizio Bert professore di Igiene e vice presidente del corso di laurea in Medicina e Chirurgia, dove, lo scorso anno, è stato inserito il corso di Alcologia: «L’obiettivo è quello di formare dei professionisti che intercettino subito le potenziali situazioni a rischio e le prendano in carico perché, ora come ora, questa figura è carente».