Beppe Minello
L’orizzonte di Maria Grazia segna ormai gli 82 anni. Ha trascorso la vita a curare con amore anziani che, con i loro famigliari, intuivano, sapevano, che solo la morte li avrebbe liberati da quel letto di dolore.
Maria Grazia era brava, onesta e seria. Se solo possedeva un decimo della dolcezza che ora riserva agli amici di Specchio dei tempi che le hanno consegnato la Tredicesima dell’Amicizia, doveva essere considerata, più che una badante eccezionale, un’amica amorevole.
Indossa una mascherina che le copre anche il naso perché ha un brutto raffreddore: «Non voglio mica attaccarvelo» dice. Quel “paravento” esalta ancora di più i suoi occhi vivaci.
Biellese di origine, nel suo curriculum lavorativo Maria Grazia potrebbe elencare i nomi delle famiglie torinesi più in vista. «Mi trasferivo a casa loro ad assistere un genitore, un nonno al termine ella loro vita. Vivevo con loro. Sono sempre stata trattata benissimo. Qualcuno mi telefona ancora oggi per farmi gli auguri, avere notizie» racconta.
Una “missione”, quella di Maria Grazia, scoperta per caso lavorando, giovanissima, in una famosa clinica privata torinese. «Non avevo nessuna qualifica. Davo una mano – ricorda -. Un giorno ho sentito una paziente che chiamava, senza successo, l’infermiera. Sono entrata nella stanza per, se possibile, rendermi utile. Quella donna continuava a chiedere “Dov’è la mia infermiera? Dov’è la mia infermiera?” Alla fine s’è rassegnata e mi ha permesso di sistemarle il cuscino. Nient’altro. Be’, non ha più voluto altri accanto a sé».
È in quel momento che nasce la leggenda di Maria Grazia: «Quando finivo in una casa, mi chiamavano in un’altra. E così è stato per tutta la vita.»
Una vita dedicata agli altri che non ha impedito alla donna di mettere al mondo una figlia che le ha regalato tre nipoti, ormai adulti, che adora e le cui gigantografie riempiono la parete davanti al letto. Ne parla con amore, ma non va oltre. Così come parla con amore e gratitudine dei suoi tanti datori di lavoro, ma non può negare che la sua attuale esistenza è stata pesantemente condizionata dal fatto che nessuno l’ha mai assunta regolarmente.
Ma lei non si lamenta. Condivide la sua solitudine con qualche amica che vive, come lei, nel palazzone popolare delle Vallette. Chiede al Signore che il frigorifero non smetta di funzionare «ché non saprei come fare a sostituirlo.»
Tra affitto, riscaldamento e medicine per il cuore che fa i capricci e il diabete «mi resta poco e oggi mi avete veramente dato un grande aiuto».